Intervista a cura del Prof. Roberto Napoli

Bruno Murari - una vita per la tecnologia

Inizia da qui un lungo viaggio attraverso la storia delle eccellenze italiane che hanno contribuito allo sviluppo dell’ingegneria elettrica ed energetica. Sarà un viaggio al tempo stesso sul filo dei ricordi e della cronaca di ciò che ancora può essere annoverato nel ristretto elenco dei protagonisti attivi dello sviluppo tecnico e sociale.

Lo scopo non è soltanto quello di rinverdire l’orgoglio di una tradizione italiana certamente di grande prestigio, ma anche quello di non disperdere l’esperienza ancora disponibile nei ricordi di quanti possono ancora raccontare il bagaglio prezioso di una vita da protagonisti dello sviluppo.

Il nostro viaggio inizia con una visita allo stabilimento di Agrate Brianza di STMicroelectronics (ST), per incontrare Bruno Murari, fra i principali protagonisti dello sviluppo della Società.

È una giornata di sole, che mette in risalto l’architettura dello stabilimento, impressionante per modernità delle linee. Sin dall’inizio colpisce la tipologia di frequentazioni. Per certi aspetti, sembra di essere piombati in uno scorcio italico della ben più famosa Silicon Valley californiana.

I freddi numeri mettono in risalto la collocazione di azienda di semiconduttori fra le maggiori al mondo, con ricavi netti (2017) di 8,35 miliardi di dollari, con 45.500 dipendenti (di cui 7.400 impegnati in attività di R&S), 11 siti produttivi, centri di ricerca e sviluppo avanzati e 80 uffici vendite in 35 Paesi del mondo.

ST occupa una posizione di leader nella produzione di dispositivi integrati, essenziali oggi per lo sviluppo della Internet of Things e dello Smart Driving, con circa 17.000 brevetti e 500 nuove domande di brevetto in media ogni anno.

È un risultato raggiunto dopo un lungo percorso, iniziato nel 1957, quando la mitica Olivetti di quegli anni, insieme a Telettra, e successivamente alla statunitense Fairchild Seminconductor diedero vita alla SGS (Società Generale Semiconduttori). Erano i tempi in cui, con grande coraggio e intuizione, si cominciava a parlare di calcolatori digitali italiani, arrivando a costruire il primo elaboratore interamente realizzato con componenti allo stato solido: ELEA 9003 (Elaboratore Elettronico Automatico).

La storia dell’elettrotecnica ed elettronica in Italia è segnata da grandi intuizioni e penosi insuccessi commerciali. Cominciò Pacinotti, con il suo famoso anello capace di funzionare come motore elettrico (1859) e che portò alla realizzazione della prima dinamo. A sfruttare commercialmente il principio fu invece il belga Gramme, operaio di una ditta a cui Pacinotti aveva cercato di vendere i diritti di produzione. Gromme sbaragliò le applicazioni commerciali proprio con una dinamo costruita sul principio dell’anello di Pacinotti. Risultato: gli onori (postumi) furono attribuiti a Pacinotti. Le fortune economiche e commerciali arrisero solo a Gramme.

Non molto diversa fu la storia di Galileo Ferraris (1847-1897), che inventò, ma non brevettò, il motore a corrente alternata, ricevendo tanti onori ma pochissimi vantaggi commerciali.

Saltando a piè pari nel mondo dell’elettronica digitale, nella storia italiana rimane fulgida la realizzazione della Olivetti Programma 101, primo elaboratore personale al mondo, che rimase poi vittima di una strategia di marketing errata, con il mercato fagocitato da aziende ben più proiettate verso il futuro, come Apple e HP.

 

La storia di ST devia da questa sorta di malevola tradizione italiana, trasformandosi in una storia di successi anche grazie all’inseminazione internazionale presente sin dall’inizio.

Dopo pochi anni infatti dalla SGS viene fatta nascere (1987) la SGS-Thomson, nella quale il gruppo francese Thomson sostituisce l’americana Fairchild. Da allora la ditta è sostanzialmente e pariteticamente italo-francese.

Ne parliamo con l’ing. Murari, che in più di 50 anni di attività, ha collezionato una mole notevole di brevetti e di premi. Ciò nonostante il suo eloquio è estremamente garbato, gradevole e privo del pur minimo accenno di spocchia. Nel racconto si inanellano episodi di eccitanti realizzazioni, raccontate come se si stesse parlando di divertimenti fai-da-te, mentre invece si parla di realizzazioni che hanno invaso il mondo e lasciato segni indelebili.

Murari, com’è iniziata la sua avventura in ST (allora SGS)?

Di tempo ne è passato. Avevo con me il titolo di perito industriale elettrotecnico e quello di superperito elettronico, ottenuto in due anni di studio serale all’istituto tecnico privato Beltrami a Milano mentre lavoravo alla SOMIREN (Società Minerali Radioattivi Energia Nucleare) all’epoca di Enrico Mattei. Feci un colloquio e fui assunto nel 1961. Erano altri tempi. C’era un clima positivo e le opportunità di lavoro non mancavano, specie nel settore elettronico che muoveva i primi passi. Oggi, nonostante sia in pensione, continuo la mia attività di consulente e di catalizzatore di idee sviluppate all’interno dell’Azienda e ho partecipato nel recente passato e, continuo ad essere presente come membro, ad alcuni Comitati Scientifici di Centri di ricerca in Italia, Francia e Svizzera.

 

Cosa ricorda di più di quel tempo iniziale e come si è sviluppato il suo percorso di crescita?

Quando sono stato assunto nel novembre del 1961 alla SGS di Agrate Brianza avevo il “badge” n. 184. Eravamo proprio una startup fondata da Adriano Olivetti, Virgilio Floriani, fondatore della Telettra, e della Fairchild, che è stata il “college” di molte società di semiconduttori non solo nella Silicon Valley ma in tutto il mondo. Il lavoro era duro, ma entusiasmante. Ci si affacciava su un mondo interamente nuovo. La preparazione scolastica aveva fornito i rudimenti teorici. Sin da subito l’approccio internazionale ha consentito di mettersi al passo con le più avanzate tecnologie. Da lì è iniziata un’avventura costellata di contatti internazionali e di viaggi, oltre che di realizzazioni portate avanti in gruppo, con fantasia e curiosità alimentata da tante risorse giovanili.

 

Murari non cita le lauree honoris causa del Politecnico di Milano e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ma sappiamo che vanno ascritti a suo merito più di duecento brevetti, tutt’altro che secondari. Questo nostro povero Paese ha dato all’umanità contributi incredibili, con esplosioni di creatività eccezionali, come nel mitico Rinascimento italiano. Fa senso constatare che sinanco il New York Times, in un articolo su Murari, inquadra le sue abilità realizzative in un sorta di ‘laboratorio rinascimentale’, dove ingegno, sapienza tecnica e arte si fondono per realizzare capolavori unici.

Come è cresciuta l’Azienda? Quali sono i momenti bui e felici che ricorda di più?

Inizialmente il campo di gioco dell’Azienda erano essenzialmente l’Italia e l’Europa. Vendevamo i transistori al silicio progettati dalla Fairchild, ma costruiti e assemblati nei package metallici ad Agrate. A quell’epoca facevo parte del laboratorio applicazioni. Avevamo il compito di progettare i circuiti di base per convertire radio, televisori e vari strumenti da laboratorio che usavano le valvole o/e i transistori al germanio nei nuovi transistori al silicio, che già dall’inizio avevano prestazioni superiori.

Per diversi anni pubblicammo le “Application Note”. Uscivano ogni 2 settimane e spiegavano ai clienti come si usavano i transistori al silicio costruiti con il processo planare, ancora oggi utilizzato, per realizzare i vari circuiti che i clienti potevano utilizzare nei loro apparecchi.

Conquistammo una buona leadership nel mercato consumer delle radio, delle televisioni e delle macchine da scrivere, quindi in Olivetti.

Uno dei punti di forza della SGS è sempre stato quello di creare e sviluppare lo spirito di squadra. Ricordo con molto piacere ed orgoglio la collaborazione e l’entusiasmo che c’erano tra noi colleghi, diventati amici, come con Franco Bertotti, dottore in Fisica con competenze e capacità eccezionali, e l’ingegner Aldo Romano, più giovane di me, che in un certo senso è stato mio allievo per poi diventare mio superiore. Romano con grande merito qualche anno dopo venne nominato Amministratore Delegato di STMicroelectronics Italia.

La grande svolta avvenne nel 1980 con l’ingresso in Azienda dell’ingegner Pasquale Pistorio, che proveniva dalla Motorola. Pistorio ci insegnò, ci spinse a giocare a tutto campo e ci trascinò in una fantastica avventura per 25 anni.

Nel corso degli anni si sono succedute molte vicende societarie: tra le principali l’uscita degli americani di Fairchild e la formazione di una nuova società 50/50 con il ramo semiconduttori della francese THOMSON.  Abbiamo via via ristretto il campo delle attività, concentrandoci là dove avevamo identificato le maggiori probabilità di crescita. Per questo ci siamo suddivisi alcuni filoni tecnologici come la VLSI e i prodotti per le applicazioni telecom in Francia, e sul More than Moore (esempio; i prodotti analogici, sensori, attuatori, prodotti automotive e i dispositivi di potenza) in Italia.

Certamente la vivacità dell’evoluzione tecnologica da un lato e la concentrazione dei poteri d’acquisto in poche multinazionali sono elementi che possono facilmente portare a situazioni di crisi di mercato. Per sfuggire a un andamento altalenante del settore occorre individuare le nicchie tecnologiche che hanno maggiori possibilità di espansione: lì bisogna essere presenti facendo leva su attività di ricerca innovativa, per rimanere sempre nel gruppo di testa delle aziende avanzate. Il mercato è presidiato da pochissime Aziende tecnologicamente avanzate. Noi cerchiamo sempre di rimanere nel ristretto gruppo di testa dei leader mondiali: spesso con successo, come dimostrano i numeri e i fatti. Contemporaneamente bisogna saper fornire componenti nuovi che accompagnino sulla strada dell’innovazione industriale non solo piccole e media aziende ma anche una larga schiera di professionisti dello sviluppo applicativo.

Di crisi più o meno gravi ST ne ha sperimentate in passato. Per questo siamo stati costretti a correzioni di rotta. Abbiamo saputo uscire dalle crisi facendo scelte strategiche coraggiose e mettendo a frutto la nostra capacità di utilizzare la tecnologia per offrire soluzioni adeguate alle esigenze del mercato. Penso per esempio alla straordinaria avventura dei MEMS (Micro Electro-Mechanical Systems, sistemi micro elettro-meccanici).

Alla metà degli anni 90 inviammo negli Stati Uniti un brillante dottore in Fisica, Benedetto Vigna, per un anno di immersione nella famosa Università di Berkeley per imparare le tecnologie e la progettazione dei dispositivi meccanici realizzati con le macchine usate per la costruzione dei circuiti integrati in Silicio, che all’epoca non si chiamavano ancora MEMS.

Nati quasi per scommessa, i MEMS, sono diventati l’elemento indispensabile su cui si basa una console di gioco rivoluzionaria come Wii di Nintendo.

Oggi puntiamo sullo smart driving e l’Internet of Things, che comprende anche le soluzioni  per la Smart Industry. E anche qui le nostre soluzioni tecnologiche e architetturali per la gestione dei sensori, della potenza, delle comunicazioni RF, della potenza di calcolo a basso consumo sono assi nella manica.

 

 

Qual è la situazione attuale?

 Il mercato dei semiconduttori ha peculiarità molto specifiche. Per giocare su mercati mondiali occorre contare su volumi di vendita elevati e geograficamente ben distribuiti. Non solo la concorrenza è feroce, ma il tasso di obsolescenza è rapido e costringe a correre verso l’innovazione.

L’attuale panorama è abbastanza sereno. Nuovi investimenti sono già in atto, inclusa la costruzione di un nuovo grande stabilimento per la diffusione di fette di silicio da 12 pollici ad Agrate Brianza.

Noi vogliamo essere i migliori nel mercato delle soluzioni elettroniche per l’automobile, nell’Internet of Things declinata anche nell’Industria e nel Mass Market. Abbiamo tecnologie che sono un chiaro punto di forza. Questo per noi è il vero significato di innovazione. Sto pensando in particolare ad alcuni filoni principali che abbiamo sviluppato nei nostri laboratori e nelle nostre sedi italiane.

Nella potenza abbiamo un’opportunità unica con i dispositivi basati su nuovi materiali come il SiC, cioé il carburo di silicio: uno sviluppo iniziato e portato avanti da giovani brillanti, nella sede di Catania, dopo la mia uscita da ST. È la prima volta che ST propone powerMOS così avanzati.

È tutto molto nuovo: nuovi materiali, nuove apparecchiature…! È una grande opportunità per continuare a crescere in applicazioni emergenti di grande successo come i veicoli ibridi-elettrici o i sistemi per l’industria.

C’è poi la potenza intelligente, con il BCD, nella quale ho avuto un ruolo importante. Qui abbiamo già molta storia. Ma stiamo evolvendo rapidamente, sia riducendo le dimensioni litografiche sia aggiungendo a bordo nuove funzioni: per esempio le memorie non volatili a cambiamento di fase.

Un terzo pilastro tecnologico nato e sviluppato soprattutto in Italia sono i sensori MEMS e i micro-attuatori. Un ambito dove l’innovazione è continua e costante. Per noi è una storia di grande successo. Abbiamo saputo differenziare, con agilità e tempestività e catturare nuovi business: dal consumer, all’industriale, all’automobile.

Questi filoni tecnologici, assieme ad altri che abbiamo realizzato nelle nostre sedi all’estero, soprattutto in Francia, sono punti di forza indiscussi. Sono un portafoglio formidabile per soluzioni che ci rendono protagonisti nell’automobile, nell’Internet of Things, nel Mass Market.

 

Mentre Murari racconta con lieve trasporto episodi di vita vissuta nell’arco di quasi cinquant’anni, rimango sempre più meravigliato. Nel presente, non sono in molti a rendersi conto del fatto che, pur con tutte le sue magagne e stramberie, questo Paese è ancora in grado di tenere in vita strutture e produzioni che hanno combattuto e combattono con onore in competizioni al vertice dell’evoluzione tecnologica.

Per il passato, è consolante e sollecita orgoglio il constatare che sono stati assai rilevanti i contributi che questo strano Paese ha dato ad alcune evoluzioni di grandissimo impatto sulla nostra vita di tutti i giorni.

Come tutti gli scienziati di valore, Murari è di poche parole nell’esporre i suoi contributi, che pure sono stati tanti. Proviamo a superare la ritrosia, chiedendo di ricordarci i primi esempi di produzioni di successo che hanno marcato lo sviluppo dell’Azienda:

Pochi sanno che la rivoluzione delle stampanti ink-jet ha avuto come motore fondamentale alcuni dispositivi sviluppati proprio in questa Azienda, in Italia. I miliardi di componenti che consentono ai vari smartphone di sfruttare accelerometri e giroscopi per supportare tantissime applicazioni sono nati e sono ancora prodotti qui.

Il cuore dei contatori intelligenti per l’energia elettrica batte già con chip fabbricati da noi per comunicare tra loro e ottimizzare i consumi di rete.

E ancora: se si apre a caso il cofano o il cruscotto di un’automobile, è altissima la probabilità di trovarvi uno o più componenti di ST, nati e prodotti in Italia: per la gestione del motore o per sintonizzare la radio digitale o per controllare in modo efficace tutti i servomeccanismi annegati nelle portiere delle vetture moderne. Che dire poi delle nostre soluzioni per garantire la sicurezza dei dati, in un mondo sempre più digitale? Abbiamo i componenti giusti, impiegati perfino per le più delicate transazioni finanziarie.

Oggi la Società ha concentrato le sue attività nel settore dell’integrazione elettronica, delle soluzioni per smart driving, IoT e la smart industry. Questi settori hanno valore strategico, che non può essere ignorato da un Paese e da un’Europa che ambisca a giocare un ruolo da protagonista

La prima sfida fu mettere insieme i vantaggi dell’elettronica digitale, che allora muoveva i primi passi,

 

La citazione delle testine rotanti per le macchine da scrivere richiama alla mia mente i ricordi dei primi articoli scritti con queste stampanti, che hanno posto fine ai mitici trasferibili per stampare le lettere greche, grazie alla possibilità di sostituire la testina rotante.

Da allora si è succeduta una serie sterminata di applicazioni, con progressi cha hanno consentito di scalare le applicazioni elettroniche verso applicazioni di potenza sempre maggiori da un lato e di concentrare in dispositivi sempre più piccoli funzionalità stupefacenti.

È da considerarsi straordinario il successo dei dispositivi MEMS (Micro Electro Mechanical System). Per i non addetti ai lavori, la sigla è ostica: ma gli oggetti sono delle meraviglie, che integrano in una struttura minuscola misurazioni accurate di accelerazione, di pressione e giroscopiche con possibilità di controllo elettronico. Questi MEMS sono oggi usati in milioni di esemplari, sugli smartphone, sui videogiochi e su migliaia di applicazioni le più svariate, inclusi i nuovi scenari per la e-mobility.

Ci sono poi state chicche addizionali, che sarebbe troppo lungo enumerare, Come ad esempio lo sfruttamento degli effetti piezoelettrici come attuatori, per l’autofocus delle videocamere.

Cosa prevede per il futuro?

Stiamo entrando nel pieno della cosiddetta quarta rivoluzione industriale, con macchine di produzione capaci di dialogare tar loro, raccogliere dati e informazioni, connettersi in rete e utilizzare il bagaglio di conoscenza presente nel cloud. La logistica industriale viene automatizzata, grazie a robot che consegnano e prelevano materiale nelle postazioni designate, senza il supporto di persone e con la massima sicurezza. Con le informazioni disponibili, grazie alla digitalizzazione della fabbrica, si possono attivare politiche efficaci di manutenzione predittiva. Per tutte queste applicazioni, ST mette a disposizione tecnologie e componenti di base con la produzione di un’elettronica straordinariamente integrata: sensori, attuatori, microcontrollori, dispositivi per la trasmissione RF e la gestione della potenza.

L’Internet of Things apre anche una sterminata prateria per le applicazioni, sia quando stiamo a casa o sul lavoro, sia quando ci muoviamo per spostarci da un punto all’altro.

In questo contesto ST mantiene una posizione leader nelle tecnologie che saranno alla base delle prossime generazioni di dispositivi dell’elettronica di consumo: microcontrollori che lavorano con potenza bassa o ultrabassa, soluzioni di sicurezza e di connettività, sistemi di condizionamento e protezione, gestione della potenza e dell’energia.

Il settore dello smart driving già costituisce e sempre più costituirà nei prossimi anni un campo di sviluppo e applicazione immenso per l’elettronica. Nuovi sistemi di assistenza alla guida, nuove tecnologie di visione, imaging, radar, interfacce renderanno le auto più sicure. Nuovi dispositivi di controllo renderanno sempre più ecologiche la mobilità con le auto tradizionali e con le auto ibride ed elettriche. Nuovi sistemi di infotainement consentiranno straordinarie possibilità di interazione con i media e con l’ambiente esterno, interagendo in nuovi modi con le persone.

Sono stati realizzati componenti che a volte sono apparsi pure stramberie dilettantesche, ma che poi a distanza di tempo si sono rivelate estremamente fruttuose.  Per esempio abbiamo sviluppato un’interessante tecnologia fotonica su silicio: usiamo la luce per inviare dati (alla velocità della luce… appunto!) tra vari sistemi digitali. Un altro settore che siamo stati tra i primi a identificare e nel quale siamo robustamente presenti.

 

Nei pochi passi compiuti nello stabilimento, ho avuto l’impressione di un ambiente umano assai poco formale, che ricorda per alcuni versi una sorta di Silicon Valley e di atmosfera da campus americani. Come è stato possibile replicare simili aspetti in un ambiente come quello italiano, tipicamente molto più formale e polveroso?

La risposta è semplice. Puntare su giovani di valore ed esporli al vento della competizione internazionale.

Le interazioni con il mondo strutturato della ricerca anche accademica sono assai elevate. Occorre coltivare l’inventiva, la curiosità e la propensione a rischiare.

 

Com’è la qualità umana dei giovani che escono dai nostri Atenei? È cambiata nel tempo e in che direzione?

La qualità non solo si mantiene costante, ma è anche migliorata. Ovviamente bisogna tenere conto che nell’azienda approdano giovani che si sono laureati tipicamente con il massimo dei voti.

È poi confortante constatare che la mobilità da noi è bidirezionale, dall’Italia verso l’estero e viceversa. Ci sono giovani che tornano da noi dopo periodi all’estero e giovani stranieri che approdano da noi. Ciò significa che la Società continua ad attrarre perché proiettata verso il futuro.

 

In un’Azienda con una tale vocazione all’innovazione tecnologica, quali sono i legami con l’ambiente accademico?

Ci sono molti programmi di ricerca portati avanti con varie Università in giro per il mondo, incluse Università italiane. In una Società del nostro tipo, votata a innovare, il rapporto con il mondo della ricerca scientifica, teorica e applicata, è assolutamente vitale. Senza una continua sinergia con le migliori eccellenze mondiali si è destinati a soccombere.

 

Un conto è la ricerca accademica e altro è la ricerca industriale. Ci sono state avventure realizzative portate avanti congiuntamente da Azienda e Università?

Nel 2011 fu creata una società mista ST-POLITO (Politecnico di Torino), per affrontare congiuntamente rischi e vantaggi di applicazioni industriali, con referente il Prof. Enrico Macii, del Politecnico.

È importante sviluppare e diffondere un know-how comune per trasformare ricerche tecnologiche in prodotti commerciabili.

I risultati pratici ottenuti sono stati notevoli, da brevetti congiunti a finanziamenti nazionali e internazionali. Purtroppo, un eccesso di complicazioni burocratiche, legate alla gestione di un ente pubblico-privato, ha suggerito, dopo sei anni di attività, di far riconfluire la collaborazione con il Politecnico di Torino all’interno di schemi più tradizionali (laboratorio congiunto).

Con l’Università di Pavia abbiamo una collaborazione strutturata che risale al 1998 e che ha generato una trentina di brevetti.

Con il PoliMi abbiamo una collaborazione e accordi di sviluppo su progetti comuni che risalgono a decine di anni fa e continueranno in futuro. 

Per non parlare poi del fatto che presso le nostre sedi di Agrate e Catania operano laboratori del CNR con i quali scambiamo quotidianamente know-how!

 

So che lei ha ricevuto molti premi ed è titolare di molti brevetti. Di tutti questi riconoscimenti, quale le è quello più caro?

 A settembre 2017 ho ritirato l’Elmer A. Sperry Award che viene assegnato, con cadenza annuale, a chi si è distinto con contributi ingegneristici di provata efficacia per fare avanzare il campo dei trasporti (via terra, mare, aria o spazio). Il premio viene aggiudicato congiuntamente da associazioni professionali di ingegneri: American Institute ofAeronautics and Astronautics, Institute of Electrical and Electronics Engineers, Society of Automotive Engineers, Society of Naval Architects and Marine Engineers, American Society of Civil Engineers, e American Society of Mechanical Engineers.

La motivazione parla dei miei contributi, iniziati sul finire degli anni ’60 inizialmente focalizzati sullo sviluppo dei primi amplificatori audio a circuito integrato per TV e radio portatili per la già citata SGS (Società Generale Semiconduttori).  

In seguito mi sono impegnato per adattare agli ambienti operativi più impegnativi del mercato automotive la tecnologia per IC, già perfezionata da ST in ambito elettronica di consumo. Questi adattamenti e perfezionamenti hanno portato al primo regolatore di tensione a involucro metallico per alternatori automobilistici, realizzato con il processo bipolare di ST.

All’inizio degli anni ’80, con il mio team abbiamo perfezionato il processo produttivo bipolare originale fino al rivoluzionario processo BCD (Bipolar-CMOS-DMOS). Questa innovazione ha messo insieme le migliori caratteristiche di ciascuna di queste tre tecnologie di processo per semiconduttori. I processi e i circuiti integrati che ne sono risultati hanno aperto la strada ad applicazioni completamente nuove in diverse aree, come l’industria automobilistica, gli hard disk, gli starter per lampade a scarica e gli impianti stereo per auto ad alta potenza.

Ancora oggi la tecnologia BCD “smart power” è tra i maggiori successi di ST e rimane una delle piattaforme standard nell’ambito dei semiconduttori, assieme alle tecnologie di processo CMOS e bipolari. La tecnologia combinata BCD integra la tecnologia bipolare per i circuiti analogici, la tecnologia CMOS per la logica di controllo e digitale e robusti componenti di potenza DMOS ad alta tensione.

Questa soluzione si è dimostrata un accelerante eccezionale per l’elettrificazione dei veicoli.

La tecnologia BCD ha consentito ai produttori di migliorare le prestazioni aumentando al contempo l’efficienza: hanno introdotto il controllo elettronico dei motori e sostituito i sistemi di accensione a controllo meccanico con moduli elettronici.

Mi ha fatto molto piacere che nella motivazione del premio sia anche stato riconosciuto il fatto che sono stato tra i primi a capire che il silicio, l’elemento su cui si fonda il settore dei semiconduttori, non vanta solo straordinarie proprietà elettriche ma anche proprietà fisiche e meccaniche uniche. Questa osservazione ha aperto la strada alla prima affermazione di ST in ambito MEM. Ed è anche per questo che nel 2014 mi è stato consegnato il Lifetime Achievement Award da parte del MEMS e Sensors Industry Group.

 

 

Il tempo è passato in fretta. Alla fine della giornata, torniamo a casa con un senso di orgoglio per la narrazione di una storia (poco conosciuta) di successi italiani e di una realtà imprevista di capacità tecnologica localizzata nel nostro Paese. Orgoglio e rimpianto sono scalfiti dal sottile disagio per un Paese che non riesce a fare sistema e a valorizzare appieno le sue tremende potenzialità, puntando meglio sulla ricerca e sulla formazione superiore.

Non è più il tempo di geni isolati, anche se questa materia prima non ha mai fatto difetto nella nostra storia. Ma se il Paese non comprende che i tempi sono cambiati e occorre investire anzitutto nella formazione dei giovani   e nello stabilire condizioni concrete di sviluppo industriale di nuove idee, ci attenderà un lungo inverno simil-medioevale, ben lontano dai fasti rinascimentali.