Saremo adatti al futuro? L’85% dei lavori che si faranno nel 2030 non sono stati ancora inventati. I millenials people, i ragazzi nati nel 2000 dovranno affrontare una delle rivoluzioni culturali più profonde mai avvenute. La causa è dovuta alle tecnologie “dirompenti”, quelle tecnologie che irrompono nello stato delle cose e lo stravolgono cambiando completamente le competenze e le conoscenze acquisite dagli allievi finora nelle università (ma richieste nelle aziende). Ma quali sono queste tecnologie ? Sono il cloud, Big data , IOT , dispositivi mobili, social network e cognitive computing. In particolare, l’ultima, il cognitive computing rappresenta quella che le integra tutte. Essa nasce come modello che si basa sul modo di ragionare dell’essere umano e la cui applicazione è trasversale su tutti i domini applicativi. Gli ambiti di applicazione spaziano dalla metereologia all’economia, dall’automotive all’healtcare, dal block chain al retail, dalle smart cities alla cucina. I vendors presenti sul mercato sono già un numero cospicuo essi sono:Enterra con il suo enterprise cognitive system, Azure di Microsoft, Deep Mind , IDOL di HP e Watson di IBM. Mentre anche google e amazon preparano le loro soluzioni più confinate ad applicazioni specifiche. Lo scenario mondiale però vede Watson di IBM avere una maturità sui concorrenti anche per la presentazione dei servizi adoperabili sulla piattaforma IBM BlueMix. Fin qui sembrerebbe la solita competizione a chi arriva primo a piazzare sul mercato un prodotto. Tuttavia siamo alla vigilia di una svolta epocale non più governata dalla legge di moore (per la quale grosso modo ogni due anni raddoppiava la velocità dei processori) ma governata dalla legge della conoscenza e basata dunque sui dati, una grossa mole di dati. Se hai acquisito tantissimi dati devi avere un piano per analizzarli, ed oggi la competizione le aziende la fanno se sanno analizzare i dati che hanno a disposizione. Insomma un cambio di passo epocale che ci porta da un ragionamento essenzialmente legato all’hardware ad uno legato alla conoscenza ed alla capacità di analizzare dati e prendere decisioni che abbiamo anche un effetto sul sociale. Perché i dati spesso siamo noi: la nostra vita, le nostre preferenze, le nostre passioni e ciò sfocia in molti dibattiti di nauta etica e di sicurezza. Tutto ciò sconvolge il mondo dei saperi e dei lavori. Intanto l’uomo sarà affiancato da macchine che amplificheranno le sue capacità e lo aiuteranno a prendere decisioni analizzando big data di diversi domini applicativi. Ma darà il via a nuovi skill nei quali un giovane adulto dovrà imparare a interagire con macchine. Il modello di processo sarà probabilmente quello nel quale i sistemi cognitivi avranno la capacità di estrarre la conoscenza in maniera automatica dai domini applicativi ed essi stessi saranno in grado di costruire la conoscenza utile per le professioni del futuro. Insomma l’utente interagirà con i sistemi cognitivi direttamente e dunque dovrà avere una formazione per interagire con sistemi con i quali “si parla” ma dovrà essere in grado di capire architetture molto più complesse di quelle di adesso. La generazione della conoscenza sarà più efficiente e rapida e il trasferimento nel mondo sociale sarà la chiave fondamentale per il business e le nuove professioni
Potremmo discutere sul tipo di professionalità che dovremmo formare. Presumibilmente esse saranno di tipo:
(i) Multi-disciplinare:
un set di abilità integrata che copre la matematica, apprendimento automatico, intelligenza artificiale, la statistiche, i database, e l’ottimizzazione, insieme ad una profonda conoscenza della risoluzione dei problemi tipico dell’ ingegnere.
(ii) Multi-dominio
Un apprendimento “Consapevole dell’esistenza di contesti diversi da quelli in cui si è formati” es. socio-economico, in settori come la medicina, energia, ambiente, finanza, trasporti, etc.
(iii) Multi – empatica
I professionisti dovranno interagire con
• Gli esseri umani: come dati / generatori di conoscenza / consumatori.
• Sistemi cognitivi: verranno istruiti (non programmati).
• Gli esseri umani a realtà aumentata (assistiti dai dispositivi e gadget).
• Sistemi robotizzati.
• Ibrida – un insieme dei punti precedenti.
(iv) Multi-interazione e multi- comunicazione fra persone e cose
Cambieranno i Social media, Cambieranno le interfacce perché saranno cognitive, etc
Una idea abbastanza condivisa è che tutte queste professionalità proverranno da diversi domini:
dalle scienze sociali:
cognitive psychology, developmental methodologies, teaching, social behaviour, …
Ma molte altre professionalità dovranno essere rifondate come ad esempio: communication, teamwork, problem solving, creativity and resilience skills, che potranno essere: Cognitive system developers! Cognitive system integrators, cognitive evaluators, cognitive trainers, etc, mentre nel frattempo ci accontentiamo di concentrarci nel formare professionalità quali data scientist e data integrator.
Un discorso interessante potrebbe essere chi le dovrà produrre tutte queste nuove professionalità? Sul chi dovrà produrle non c’è dubbio che lo debba fare la università però con il ritmo attuale siamo in deficit costante la bella domanda è come trasformare il deficit in surplus? Probabilmente la cooperazione fra accademia e industria aiuterà a raggiungere l’obiettivo. Il ruolo dell’accademia sarà diverso ma sempre centrale: l’università del futuro passerà dal ruolo di “generatore di conoscenza” al ruolo di “generatore di generatori di conoscenza “ una visione “meta-modello” nella quale tutti insieme: università, organizzazioni ed aziende imparano l’una dall’altra diventando ‘’smarter’’ and più “cognitive”. La conoscenza deve essere generata in modo più intelligente e le nuove professioni diventeranno sempre più cognitive con nuovi tecnici da formare e nuovi skills.
Insomma, dalla era dell’information technology si passerà alla era della knowledge technology dato il fatto che esistono un enorme insieme di dati dai quali bisognerà estrarre conoscenza. Forse anche le professioni diventeranno più interessanti ed attrarranno più giovani nelle università e nei vari corsi che si occuperanno di conoscenza ed estrazione di conoscenza dai dati. Le aziende sarebbero interessate in quanto potrebbero ricollocare molti loro dipendenti in un settore che adesso è sfidante e trainante, le università potrebbero prepararsi alla sfida della creazione di corsi di laurea.
Anche per questo è stata costituita la comunità cognitiva italiana il 18 maggio 2018 presso l’Università di Napoli Federico II – sede di S. Giovanni, Hanno partecipato all’evento 4 università: Federico II (ingegneria ed economia) , PoliMI, UniGe, UniBg, 16 aziende, l’accademia aeronautica di Pozzuoli, 1 istituto tecnico diverse decine di studenti fra triennali, magistrale e di dottorato oltreché tesisti. Per un totale di circa 80 persone. All’evento ha partecipato anche lo student branch “Federico II” di IEEE
I contenuti della conferenza sono stati tutti di livello alto e hanno spaziato dal look ahead del cognitive computing nei prossimi 5 anni, agli skill ed alla formazione delle nuove professioni in cognitive computing, dall’healtcare all’e-learning, dal block chain al cloud. Nel pomeriggio la tavola rotonda ha dato spazio a molti spunti di riflessione.
C’è stato modo di avere contatti profiqui con aziende, rappresentanti di gruppi di professionisti e istituzioni, interessate al coinvolgimento nella comunità e all’approfondimento di molte delle tematiche proposte. Le informazioni della comunità sono riportate di seguito (il sito ufficiale – iscrivetevi- , o attraverso la pagina facebook – se gradite fatecelo capire con un mi piace! – comunità LinkedIn).
Vorrei ricordarvi inoltre due importanti appuntamenti: Il Think-IBM di Milano, il giorno 8 Giugno al pomeriggio dalle 14 per la sessione dedicata alle Università dove io parlerò della nostra comunità (sito) e con Panorama d’Italia a Napoli il 13 Giugno (sito) , evento dedicato alle aziende che vogliono reincontrare IBM in un ambito più direttamente di business. Anche qui ci sarà un momento di riflessione intorno alla comunità cognitiva italiana e ad i suoi progetti.
Abbiamo cominciato questo articolo con la domanda: saremo adatti al futuro? La risposta è si perché siamo dotati di un sesto senso! La teoria dell’evoluzione della specie di Darwin ha affermato che “non è l’animale più forte quello che sopravvive ma quello che è capace ad adattarsi”. Il nostro sesto senso è l’adattamento e noi ci adatteremo. La cooperazione fra università ed industrie sarà la chiave di volta di questo adattamento!
Paolo Maresca